Sezione
"Alpinismo"
Eravamo immortali
Maurizio Zanolla

Fabbri Editore
Presentazione dell’opera
La famiglia, gli affetti, le esperienze giovanili, gli amici delle prime scalate, le vie aperte spesso in libera e in solitaria, il tentativo di conquistare gli ottomila metri del Manaslu, fino a capolavori dell’arrampicata come Eternit e Il mattino dei maghi: Maurizio Zanolla ripercorre gli anni – tra i Settanta e gli Ottanta – che l’hanno portato alla celebrità. Non un elenco di scalate, o delle vie più difficili, ma l’affresco delle esperienze più significative, più intense e toccanti, di una vita vissuta alla ricerca dell’equilibrio.
Motivazione della Giuria
Libro ben scritto, dal taglio anomalo, privo di beatificazioni per capire Maurizio Zanolla, in arte Manolo, uomo che delle pareti rocciose ha fatto il suo credo. Si tratta di una raccolta di arrampicate estreme e di quadretti personali inediti, offerta senza quei tecnicismi che un comune lettore non capirebbe.
La descrizione di alcune imprese memorabili è semplice, breve, quasi a sminuire la salita per dare risalto al fattore umano. A tratti dissacrante, finemente spregiudicata ma mai banale o grossolana, la prosa si dipana vivace ricordando salite ormai entrate nella leggenda dell’arrampicata.
Opera utile non solo per il palato fine degli addetti, ma per tutti quelli che vogliono capire un mondo speciale dove primeggiano, oltre alla leggiadria e alla danza dei movimenti, un mondo durissimo fatto d’incredibile passione, volontà, sacrificio, fatica, allenamenti continui e stressanti, determinazione, concentrazione, cervello, cuore e -non ultimo- un pizzico di buona sorte.
Note bio-bibliografiche
Manolo, nome con il quale è noto Maurizio Zanolla (Feltre – Belluno, 1958), è il più celebre arrampicatore free solo d’Italia. Pioniere dell’arrampicata libera, ha compiuto imprese storiche tra pareti montane e falesie, ma non ha mai voluto partecipare a competizioni.
Inizia ad arrampicare a 17 anni, privilegiando l’arrampicata su placca o sul verticale. La sua evoluzione tecnica passa attraverso l’utilizzo di appigli sempre più piccoli, equilibri molto precari su itinerari con protezioni spesso “psicologiche”, enfatizzando così l’arrampicata globale, non solo fisica quindi ma anche mentale.