SPIRO DALLA PORTA XYDIAS
Alpinista, regista, scrittore e presidente del Gruppo Italiano Scrittori di Montagna
“Oggi i monti li salgo con la penna, scrivendo. No, non ho mai abbandonato la montagna”
Spiro Dalla Porta Xydias, nato a Losanna nel 1917, si trasferisce giovanissimo a Trieste, dove si laurea in Scienze Politiche: dopo aver insegnato lingua francese alle scuole medie, è stato docente di Culture teatrali all’Università di Trieste e all’Università di Pola.
Da sportivo tecnicamente preparato – campione del Triveneto di singolare e di doppio nel tennis e giocatore di basket in serie A –, il passaggio all’arrampicata è abbastanza naturale. È stato l’ultimo storico rappresentante dei Bruti della Val Rosandra, dove inizia ad arrampicare poco più che ventenne, per fuggire agli orrori del secondo conflitto mondiale ed emulare la mitica figura di Emilio Comici, risposta italiana alle importanti realizzazioni degli alpinisti tedeschi nell’epoca del “sesto grado” (il massimo grado di difficoltà alpinistica ritenuta umanamente superabile).
Le imprese che Dalla Porta Xydias ricorda con maggiore affetto sono quelle al Campanile di Val Montanaia, per lui il simbolo della montagna. Su queste rocce realizza due storiche scalate: nel 1944, la prima invernale degli strapiombi nord del Campanile, e nel 1955, l’ultima parete ancora inviolata, la parete est che Comici aveva tentato di scalare invano. Effettua 107 prime salite e vie nuove e ripete molte classiche di VI grado. Nel 1956 fonda la Stazione di Soccorso Alpino di Trieste, Udine, Pordenone, Maniago, che dirige per oltre dieci anni e per la quale ottiene il Premio Sant’Ambrogio e il Premio Belli di Solidarietà alpina, per il primo salvataggio fatto in Italia con un elicottero. Accademico del Club Alpino Italiano a partire dal 1958, dirige anche la Scuola Nazionale di Alpinismo Ellenica e la scuola di alpinismo del CAI Bologna. Raggiungere la vetta non è mai stato per lui un gesto meramente tecnico o sportivo, ma sempre una questione spirituale, la concretizzazione della ricerca di elevazione insita in ogni uomo.
Accanto alla passione per l’alpinismo, Dalla Porta Xydias coltiva per tutta la vita l’amore per il teatro in qualità di regista. Nell’immediato dopoguerra è tra i fondatori del Teatro Stabile di Trieste, dove cura per anni l’attività di Teatro per i ragazzi e dirige la Scuola di Recitazione. Molti gli spettacoli da lui allestiti in Italia, dirigendo grandi attori come Paola Borboni, Edgardo Siroli, Gian Maria Volonté. Collabora con il Dramma Italiano di Fiume, unico Stabile italiano esistente fuori dei confini della Repubblica Italiana di lingua italiana con l’allestimento di quindici spettacoli. Sempre a Trieste fonda nel 1975 Teatro Incontro, associazione teatrale amatoriale. Ha pubblicato cinquanta opere, di cui 43 dedicate alla montagna e all’alpinismo (narrativa biografica, monografie, romanzi, libri storici). Ha vinto vari premi nazionali, come il Premio Cortina, Premio Virgilio, Bancarella Sport, Sport e Cultura, L’Adige, Marcolin, Una vetta per la vita, Insegna di San Bernardo e, recentemente, Montagna Italia, Alpinia alla carriera e Premio Montagne Olimpiche assegnato al Festival di Sestriere nell’agosto 2011, insieme alla medaglia offerta dalla Camera dei deputati.
Ha collaborato intensamente con diversi quotidiani (Il Piccolo, Il Messaggero Veneto, Il Gazzettino) e con le più importanti riviste specializzate italiane ed estere. Attualmente è direttore editoriale del bimestrale Alpinismo Triestino. Per vent’anni ha ricoperto la carica presidente nazionale del Gruppo Italiano Scrittori di Montagna (fondato nel 1929). Inoltre, è stato consigliere centrale del CAI, Presidente dell’Associazione XXX Ottobre, della Sezione del CAI Trieste e del Club Alpino Accademico Italiano Gruppo Orientale. Nel 2002 fu nominato Socio Onorario del CAI e nel 2004 cittadino onorario di Cimolais. Insignito dell’Ordine del Cardo, è membro emerito per il Soccorso Alpino. Nel 2006 gli fu inoltre conferito il sigillo trecentesco della città di Trieste.
Spiro Dalla Porta Xydias è morto, sulla soglia dei cento anni, il 18 gennaio 2017.
ARMANDO ASTE
Alpinista, Accademico e Socio onorario del Club Alpino Italiano
Armando Aste nasce ad Isera (TN) nel 1926. Inizia ad arrampicare sulle pendici del Monte Biaena a 22 anni, dopo il lavoro come operaio della Manifattura Tabacchi a Rovereto. La travolgente passione per la roccia comincia da autodidatta: la sua prima salita, nel 1947, è sul Baffelan, per la Via del Pilastro, nelle Piccole Dolomiti vicentine. Iscritto alla SAT di Rovereto sin dagli anni Quaranta, si rivela ben presto uno dei maggiori esponenti dell’alpinismo europeo del dopoguerra e protagonista assoluto dell’epoca delle direttissime, delle solitarie (di cui fu da subito grande appassionato) e delle invernali. Le innumerevoli ascensioni compiute sulle Dolomiti, che hanno rappresentato l’evoluzione dall’arrampicata classica a quella moderna, lo fanno entrare nella leggenda e nella storia dell’alpinismo. È lui il primo a portare il grande alpinismo invernale sul Civetta e sulle Dolomiti con la prima invernale della Via Carlesso – Sandri alla Torre Trieste, compiuta con Angelo Miorandi.
Realizza l’apertura di nuove vie di estrema difficoltà e di grande eleganza, privilegiando l’arrampicata libera: Via Concordia alla Cima d’Ambièz nel 1955 con Angelo Miorandi, Josve Aiazzi e Andrea Oggioni; Gran Diedro del Crozzon di Brenta con Milo Navasa; Spigolo Nordest dello Spiz d’Agner Nord; Via dell’Ideale alla Marmolada d’Ombretta nel 1964 con Franco Solina, “la più grande e bella salita di pura roccia delle Alpi”, dopo aver superato per la prima volta le lisce placche che caratterizzano la parete; Via della Canna d’organo alla parete Sud della Marmolada di Rocca nel 1965 con Solina.
Due momenti salienti vanno ricordati nella sua lunga carriera: la partecipazione alla spedizione monzese alle Torres del Paine, in Patagonia, e la mitica prima salita italiana della parete nord dell’Eiger, realizzata nell’agosto 1962 con Franco Solina, Romano Perego, Andrea Mellano, Gildo Airoldi e Pierlorenzo Acquistapace. Accademico e Socio onorario del Club Alpino Italiano e della Giovane Montagna, socio del Gruppo Italiano Scrittori di Montagna, Aste è insignito anche delle prestigiose onorificenze di Cavaliere e Ufficiale della Repubblica e di Azzurro d’Italia sotto la presidenza di Fiorenzo Magni.
Fautore di un alpinismo ascetico, vissuto come cammino volto a migliorare sé stesso, l’alpinista trentino ha sempre apertamente professato la sua forte fede cristiana. Sono famosi i ripetuti bivacchi delle sue ascensioni, vissuti come momenti di comunione con la montagna e prolungamento del piacere della salita. Alle doti fisiche sorrette dalla tenacia e dalla volontà, Aste si è da sempre distinto per modestia, altruismo e disponibilità, valori praticati in modo esemplare, con grande umanità, nella convinta adesione al messaggio cristiano.
La sua vicenda umana e alpinistica è raccontata nei volumi, Cuore di roccia (Manfrini Stampatori, 1988), I Pilastri del cielo (Nordpress, 2000), Alpinismo epistolare – Testimonianze (Nuovi Sentieri Editore, 2011) e Commiato – Riflessioni conclusive di un alpinista dilettante in congedo (Nuovi Sentieri, 2013), insieme all’ultimo lavoro, Pensieri di un alpinista.
MOTIVAZIONE
“Nel nome dell’amore per la montagna di Bepi Mazzotti, il Premio che porta il suo nome onora due giganti dell’alpinismo italiano: il trentino Armando Aste, classe 1926, e il triestino Spiro Dalla Porta Xydias, novantasettenne. Due personalità forti e distinte, ma accomunate da una visione della scalata come ascese. Aste che mai dimenticò che sopra i monti c’è il cielo, la vetta più importante da raggiungere. Dalla Porta Xydias convinto che l’arrampicata offre la possibilità di elevarsi dalle miserie del quotidiano.
In questo spirito hanno tracciato nuove vie, raggiunto cime dolomitiche e andine, avendo nella mente e nell’animo gli insegnamenti del mitico Emilio Comici, nella profonda convinzione che l’alpinismo, prima di essere una coraggiosa impresa sportiva, è un’arte da esercitare come Dio comanda, nell’umiltà del confronto con la natura, mettendo alla prova la propria fede.
Entrambi sulla montagna hanno scritto opere indimenticabili, e fornito testimonianze e rappresentazioni. Si onora in loro un ideale di alpinismo puro, oggi a volte mortificato da una visione del mondo riduttiva, legata alla competizione più che alla bellezza e all’amore per la montagna.”