Soldato e scrittore
Mario Rigoni Stern nasce ad Asiago nel 1921 da un’antica famiglia dedita da sempre al commercio tra montagna e pianura; il padre, congedato come ufficiale subalterno di fanteria, la madre di formazione e spirito altamente risorgimentale.
La crisi economica degli anni Trenta segna pesantemente la condizione famiglia dello scrittore, che nel 1936 riesce comunque a conseguire la licenza di Scuola secondaria di Avviamento; due anni dopo decide di arruolarsi come volontario, nella Scuola Militare di Alpinismo di Aosta, dove ottiene la qualifica di “specializzato sciatore-rocciatore”.
In qualità di portaordini-sciatore, partecipa alla campagna italo-francese sulle Alpi e a quella italo-greca sulle montagne albanesi. Nell’inverno del 1941-42 diviene istruttore di sci per il Corpo Italiano di Spedizione in Russia e aggregato al battaglione sciatori “Monte Cervino”. Dopo un breve ritorno in Italia, prende parte alle battaglie invernali sul medio Don e, successivamente, alla grande ritirata del Corpo d’Armata Alpino. Nel 1943 al suo rientro in Italia, avendo rifiutato di aderire alla Repubblica Sociale, viene catturato dai tedeschi e deportato nei lager, dove rimane fino al termine del conflitto.
Alla fine del 1945, rientrato a piedi dalla Polonia, trova lavoro con la qualifica di “diurnista di 3^ categoria” nell’amministrazione provinciale delle imposte dirette, addetto alla conservazione del catasto.
Negli anni del dopoguerra Rigoni Stern si avvicina alla letteratura dedicandosi alla lettura dei capolavori francesi e russi, nonché ai poeti italiani ignorati dal fascismo. Nel 1953, sollecitato da Elio Vittorini, propone all’Editore Einaudi la sua prima opera, Il Sergente nella neve, sottoscrivendo il primo contratto per la pubblicazione. Il romanzo autobiografico che racconta la tragica ritirata di Russia, viene accolto subito con grande favore da lettori e critici, e diventerà uno dei romanzi più famosi del dopoguerra.
Da lì in avanti molti dei suoi racconti vengono pubblicati dalle riviste “Il Ponte”, “Paragone”, “Il contemporaneo”: nel 1962, Calvino raccogliendo diversi di questi scritti, promuove la prima edizione de Il bosco degli Urogalli. A partire dall’anno successivo Rigoni Stern iniziò la sua collaborazione con il quotidiano “Il giorno” e altri settimanali. Sul finire degli anni sessanta collabora alla sceneggiatura del film per la televisione trasmesso nel 1970, I recuperanti, girato con Ermanno Olmi e dedicato alle vicende delle genti dell’Altipiano all’indomani della seconda guerra mondiale.
L’esperienza della guerra e la vita, la storia e la natura della sua terra, l’Altipiano di Asiago, sono i temi che attraversano e caratterizzano l’intera opera di Rigoni Stern, che ci ha lasciato veri capolavori della letteratura italiana del ‘900: Storia di Tönle, del 1978, è il resoconto della vita di un montanaro al tempo dell’annessione del Veneto all’Italia; Uomini, boschi e api (1980), una raccolta di racconti e di impressioni naturalistiche frutto di una profonda contemplazione e osservazione del paesaggio; L’anno della vittoria (1985) e Amore di confine (1986), storie e memorie di un mondo che va scomparendo; Arboreto selvatico (1991), il suo giardino, dove ogni albero ha una storia da raccontare tra cultura e meraviglia della natura; Il poeta segreto e Aspettando l’alba. Nel 1995 viene pubblicato Le stagioni di Giacomo, un lungo racconto che descrive la vita paesana tra pace e guerra a cavallo fra Ottocento e Novecento; e, ancora, Sentieri sotto la neve (1998), Inverni lontani (1999), Tra due guerre e altre storie (2000) e L’ultima partita a carte, tutti pubblicati da Einaudi, che allo scrittore asiaghese dedicherà uno dei suoi Meridiani.
Nel 1999 gira con Marco Paolini un film-dialogo diretto da Carlo Mazzacurati, Ritratti: Mario Rigoni Stern, nel quale lo scrittore si racconta: la guerra, il lager e il difficile ritorno a casa, ma anche il suo rapporto con la montagna e la natura.
Oltre a vari premi per i suoi romanzi, nel 1997 ha vinto il premio Feltrinelli e nel 2003 il premio Chiara alla carriera. Nel novembre 2007 riceve la commenda di Accademico di Francia per la cultura e l’arte. Alcuni suoi libri sono stati tradotti nelle principali lingue e sono pure usciti in edizioni scolastiche per le letture nella scuola dell’obbligo.
Altrettanto numerose le onorificenze che gli sono state conferite: Medaglia d’argento al valor militare nel 1942; Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana nel 2003; Distintivo d’onore per i patrioti “Volontari della libertà”.
Mario Rigoni Stern muore nella sua casa di Asiago il 16 giugno 2008.
MOTIVAZIONE
Il Consiglio Direttivo dell’Associazione “Premio Letterario Giuseppe Mazzotti”, nel ventennale del Premio GAMBRINUS “GIUSEPPE MAZZOTTI” e nella ricorrenza dell’Anno Internazionale delle Montagne, con voto unanime, ha deciso di assegnare il Premio “HONORIS CAUSA” a Mario Rigoni Stern, con la seguente motivazione:
“Annoverato fra i maggiori scrittori italiani contemporanei, Mario Rigoni Stern ha le stimmate del narratore popolare, che, dall’humus della sua terra, ha tratto e trae la linfa per raccontare le vicende dei figli dell’Altopiano, il loro penoso esilio per la guerra e il lavoro, accomunandoli, per biologica “simpatheia”, con gli animali e i boschi racchiusi nell’identico orizzonte.
Della sua originalissima scrittura, il nostro poeta Zanzotto ebbe a notare come essa sia caratterizzata da un “memorialismo costituzionalmente apertissimo, davvero senza limiti o stretti orizzonti, come quella pianura di Russia dove c’era tanto gelo di neve e tanto calore di umanità”.
Dagli intimi spazi della memorialistica e dell’estenuato biografismo, Rigoni Stern si è, infatti, aperto alle vastità di una – come ancora ebbe a dire Zanzotto – “reinventata e riscoperta <terra> della memoria, dove il suo abitatore e interprete ascolta l’eco misteriosa di una lingua che era in noi e che noi abbiamo perduta”.
Nelle lande dell’Altopiano di Asiago – così lo fotografa un’istantanea di Rolando Damiani – “reduce dalle peregrinazioni belliche e dal loro racconto, egli ama ritrarsi solitario passeggero di lunghe camminate, assorto ascoltatore degli uccelli del bosco, il divino urogallo e la coturnice dall’ellenico canto, attento ermeneuta dei segni delle lepri e delle volpi, delle tracce di un linguaggio che in eterno, nella macchia e nel vento, la natura parla con brusio indistinto, con vago accenno”.
Dalla strepitosa rivelazione del Sergente nella neve, percorrendo via via il variegato ventaglio delle sue successive pubblicazioni, fino a L’ultima partita a carte, Mario Rigoni Stern si è conquistato un sempre maggior gradimento nei lettori (un filo segreto di affetto) e una sempre più alta considerazione da parte della critica letteraria.
Sia che egli racconti vicende di guerra, sia che si distenda in attiva contemplazione della sua terra, delle sue montagne, ovunque traspaiono le sue doti di cronista eccezionale e di narratore squisito.
A seconda dell’argomento trattato, la sua scrittura viene riconosciuta di volta in volta come “canto epico”, “saga alpina”, “canto di vita nella morte”.
Viene anche favorevolmente considerata la sua natura di scrittore non intellettuale, le cui radici “appartengono alla tradizione dell’Italia non dotta, al narrare contadino che ha per uditorio l’aria, la stalla, l’osteria”.
Vigoroso uomo di pace, da tutta la sua scrittura emerge la constatazione che “la guerra è sempre una tragedia perpetrata ai danni di uomini semplici, e di una cultura che da sempre è stata travolta e sopraffatta dalla “storia”.
Per tutto questo, e per il modello di coerenza del suo costume di vita con gli assunti del suo essere scrittore, il Consiglio Direttivo gli conferisce questo Premio “Honoris Causa”.