Quasi mai si parla della giuria di un premio letterario; al più si citano i nomi dei suoi membri, ma nulla si sa dell’impegno che essi sono chiamati ad affrontare.

Per lo più leggere è uno svago, un piacere che si consuma lentamente, nei momenti di riposo: tutti l’hanno provato. A chi dunque può interessare conoscere come la giuria legga i libri candidati ad un premio letterario?

Basta uno sguardo al regolamento, e si può capire quale sia la fatica, e lo stress, che s’accompagnano al “lavoro” dei giurati del Premio Gambrinus “Giuseppe Mazzotti”. Bastano due conti: i volumi concorrenti vanno consegnati dagli editori, o dagli autori, entro i primi giorni di giugno. La riunione conclusiva della giuria è fissata per il secondo sabato di settembre. In mezzo c’è l’estate, tempo di vacanza.

Le vacanze che spettano ai giurati sono però diverse da ogni altra vacanza. I loro giorni scorrono non solo nella lettura delle opere, ma soprattutto nella maturazione dei giudizi che vengono stesi con parole a lungo ponderate e calibrate, spesso dopo uno scambio incrociato di pareri sui volumi via via letti.

I libri sono molti, moltissimi. Per fortuna, si deve dire: è un buon segno che l’editoria è ancora vivace, che resiste alla crisi, e ai nuovi strumenti della lettura digitale, grazie proprio al piacere che a molti lettori viene anche dalla manipolazione del libro, dal sentire il suo peso e il profumo della carta e degli inchiostri.

Per i nostri sette giurati ciò sottende, invece, fatica. Una fatica che morde, libro dopo libro, giorno dopo giorno, senza stacchi, senza interruzioni, per tutto il tempo loro concesso.

Un impegno però affrontato con metodo, con pazienza e attenzione, soprattutto con spirito di giustizia ed equità. Le parole che scorrono sotto gli occhi portano infatti con sé l’anima e il cuore di chi le ha scritte, di un autore che ha affidato ad esse pensieri, sentimenti ed emozioni, e li offre al lettore nella speranza di essere compreso ed apprezzato.

Sono attese che non vanno ignorate, o tradite. Per questo ogni libro è letto da capo a fondo, va interpretato, va capito. Anche se la lettura deve procedere svelta, senza sosta, i giurati sanno di dover esprimere un parere equilibrato, il più possibile oggettivo e giusto per tutte le opere che vengono loro sottoposte.

Non è facile impresa. Sette sono i giurati; e sono persone con spirito, interessi, cultura, età e professioni spesso molto distanti l’uno dall’altro. Essi esprimono anche sensibilità differenti, figlie di esperienze talvolta molto lontane. Non è però un limite; anzi, è garanzia di ricchezza interpretativa, e di equilibrio. Quanto ad un giurato può sfuggire, quasi di certo viene colto e apprezzato da altri. Se meritevole, ne resta memoria.

Questo è il motivo che conduce allo scambio frequente di opinioni, alla trasmissione incrociata dei giudizi più positivi, così che ogni giurato ha modo di riconsiderare i propri pareri o di esplicitare i motivi della sua, eventuale, differente valutazione, favorevole o contraria.

Molti giorni prima della riunione conclusiva, si è già dunque delineata una rosa delle opere meglio valutate: sono di fatto quelle su cui si è registrata la maggior convergenza di pareri positivi.
Son queste le opere finaliste, quelle cioè che si contendono i premi destinati al vincitore di ogni sezione.

Nella riunione conclusiva, la giuria stabilisce, dopo serrato confronto dei propri giudizi, quale, tra le finaliste, sia l’opera più meritevole. La prima tra tanta eccellenza.

Franco Viola